In occasione del World Radio Day, la Giornata Mondiale della Radio che ricorre ogni anno il 13 febbraio, vogliamo raccontarvi una storia antica… la storia della radio!
C’era una volta la radio….
Nel 1923 cambiava il modo di comunicare, iniziavano le prime prove tecniche di trasmissione di quella che oggi chiamiamo semplicemente “radio”.
La prima radio prese il nome di Radio Araldo e trasmetteva grazie ad una concessione provvisoria rilasciata all’Ing. Ranieri dal ministro delle poste dell’epoca, Giovanni Antonio Colonna di Cesarò.
L’anno successivo, esattamente il 6 ottobre del 1924, con il cambio alla direzione delle poste prese il via l’Unione Radiofonica Italiana, meglio conosciuta come URI.
L’intuizione delle potenzialità comunicative del mezzo si deve soprattutto a Costanzo Ciano, Ministro delle poste nel primo governo Mussolini.
L’inizio delle trasmissioni dell’Uri è ormai passato alla storia, con la voce di Maria Luisa Boncompagni che alle 21 pronunciava la storica frase: “Unione Radiofonica Italiana, stazione di Roma Uno, trasmissione del concerto inaugurale“.
Da quel momento lo sviluppo della radio non si è più fermato. Gli anni ’30 segnarono i primi successi del mezzo e di conseguenza l’avvento della pubblicità grazie alla prima concessionaria di stato, la Sipri.
Negli anni ’40, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Uri si trasformò in Eiar diventando in be
ne e in male il mezzo che tenne uniti gli italiani e che permise di comunicare con la resistenza.
Solo nel 1949 l’Eiar cambiò denominazione diventando ufficialmente RAI, acronimo di Radio Audizioni Italiane.
Gli anni ’50 segnarono un nuova trasformazione della radio, che divenne più leggera e spensierata grazie anche alla nascita di eventi come il Festival di Sanremo nel 1951.
Sono però gli anni ’60 quelli in cui si sviluppano trasmissioni storiche come ad esempio “Bandiera Gialla“, “Alto gradimento” e “Per Voi Giovani” che cambiano profondamente il linguaggio utilizzato dalla radio.
… e c’è ancora!
Ma quando nasce la radio come la conosciamo oggi?
Gli anni ’70 sono un periodo burrascoso per la radio, con l’avvento delle prime radio “libere” e pirata. In Italia il titolo di “prima radio libera” è ormai ampiamente assegnato a Radio Milano International.
Sono poi gli anni ’80 che vedono la trasformazione di radio nate per gioco in vere e proprie aziende, i grandi nomi che conosciamo oggi: Radio Deejay, Radio Italia, RTL 102.5, RDS e poi le radio regionali, Radio Subasio, Radio Norba, Radio Peter Flower.
La radio e il mondo della comunicazione in generale continuano ad evolversi e negli anni ’90 arriva la legge Mammì a regolamentare la modalità di trasmissione in Italia: alcune realtà radiofoniche si espandono sul territorio e si rafforzano, altre spariscono.
Da allora la radio si è via via stabilizzata, sia nei modi che nei contenuti: le voci che amiamo e che conosciamo oggi sono in molti casi ancora quelle dei primi professionisti di quegli anni.
Dalla fine degli anni ’90 la vera innovazione è la radio declinata come strumento di marketing per i punti vendita. Nasce così la radio in store: un canale personalizzato nella playlist, nei jingle e nei comunicati rivolti al cliente. Una radio, soprattutto, che permette di evitare i messaggi pubblicitari dei concorrenti.
Con il miglioramento della rete internet, dagli anni 2000, nascono anche le prime web radio: com’era stato negli anni ’70 per l’Fm, anche il web diventa una jungla di radio, più o meno professionali e strutturate. Oggi i player principali anche sul web restano i grandi gruppi, che spesso hanno già altre emittenti in FM. Un esempio sono le radio tematiche del digital space del gruppo RTL 102.5 (alcune presenti anche in dab).
C’è spazio però anche per progetti innovatovi e autonomi, che spesso fanno da vivaio ai grandi network: è questo il caso di Cluster Fm, web radio molto apprezzata da un pubblico che varia dai 15 ai 45 anni nonché trampolino di lancio per nuovi conduttori.
Alcune web radio, poi, sono esclusivamente musicali: tra queste si colloca per esempio Lolli Radio Hits.
Dopo tante innovazioni ci si potrebbe chiedere quale sarà la nuova frontiera della radio del futuro. Non lo sappiamo certamente, ma potremmo ipotizzare che possa essere il podcast. Nato per ascoltare i programmi radiofonici on demand, oggi viene utilizzato per produrre contenuti nuovi e innovativi, slegati da qualsiasi programmazione e fruibili in totale libertà.
Una cosa è certa: qualunque forma potrà avere, la radio non morirà mai ma riuscirà a reinventarsi come ha sempre dimostrato di saper fare. La radio, infatti, nonostante periodi di fortune alterne, non sembra aver perso il suo fascino e resta tutt’oggi uno dei mezzi più amati dagli italiani e quello ritenuto più attendibile, prima ancora della tv.
Questo amore per la radio è testimoniato anche dal World Radio Day, la Giornata Mondiale della Radio introdotta dall’Unesco nel 2011, quindi in tempi relativamente recenti e che festeggiamo proprio oggi, il 13 febbraio.
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